top of page

Fenizia e Marotta : Una Storia di Orgoglio e Tenacia, Amore e Sacrifico

6f2bdef6-e92c-4049-9abd-e51b2d1fdc39

venerdì 19 marzo 2021

Era il marzo del 1157 quando Enrico di Sanseverino muore, lasciando il feudo di famiglia in mano alla moglie Fenizia, da lui sposata nel 1137. L’unione tra il Signore di Sanseverino e Fenizia, di cui non si conosce l’origine della famiglia, da alla luce due figli: Guglielmo e Marotta.

Alla morte del padre, Guglielmo essendo ancora in minore età, non potette prendere le redini della famiglia, che rimasero pertanto ben salde nelle mani della Madre Fenizia. I possedimenti della Famiglia all' epoca erano vasti come il patrimonio di cui potevano vantare e ad amministrarlo la potente Fenizia si fece coadiuvare dall’ amministratore Sergio Secia.

Nel frattempo, dopo la Morte del Monarca siciliano Ruggero II nell’anno 1154, il Regno passò nelle mani di Guglielmo il Malo che accentuò negli anni a venire la struttura accentratrice , mortificando le autonomie cittadine dell’Italia Meridionale, all’epoca amministrate dai feudatari.

Mentre nell’Italia centrale e settentrionale i Comuni brillavano per autonomia e vivacità, la politica autoritaria di Guglielmo il Malo, danneggiava pesantemente i feudi meridionali.

Fu allora che molti feudi decisero di congiurare contro il Monarca e tra essi non mancò di fare la propria parte la tenace Fenizia, che nel frattempo, fiera della propria autonomia autorizzò a far contrarre matrimonio senza l’assenso del Re, la figlia Marotta con Ruggero de Aquila Conte di Avellino.

Guglielmo Il Malo, più avvezzo agli agi ed i vizi della corte, che al governo dei territori, affidò il comando del regno al potente Ammiraglio Maione. Ma la sua carriera politica fu interrotta dal (Salernitano) Matteo Bonello che il 10 novembre del 1160 giunse sino a Palermo e nelle strade del capoluogo siciliano catturò e giustiziò in pubblico Maione di Bari fra il giubilo dei popolani. Una tradizione popolare vuole che l’Ammiraglio fosse stato ucciso davanti al palazzo arcivescovile, dove ancora oggi sul portone d'ingresso si troverebbe infissa l'elsa della spada del Bonello. Alla congiura partecipano attivamente anche Guglielmo Sanseverino divenuto maggiorenne nel frattempo, ed il cognato Conte Ruggero de Aquila.

Il Re Guglielmo, intenzionato a colpire i Baroni del continente, organizzò un forte esercito che dalla Sicilia, attraversò la Puglia e raggiunse la Campania. Appresa la notizia che le milizie del re avevano raggiunto il suolo campano, Guglielmo e il cognato Ruggero, per sfuggire alla cattura, si diedero alla fuga.

A difesa del grande maniero di Famiglia restarono Fenizia e Marotta, che alla guida delle milizie del feudo, si opposero con grande coraggio al lungo assedio da parte dell’esercito di Guglielmo il Malo. Le nobili donne, sostenute da militi di provata fede quali Giordano Rosso; Riccardo di Guglielmo ed un Bartolomeo di cui non si conosce la Famiglia di origine, diedero prova di tenacia e determinazione, mantenendo alto il vessillo di Famiglia.

Le due eroiche donne, in testa ai propri fedeli tennero testa all’imponente esercito per diversi mesi. Il grande Castello in cima alla collina, rappresentò una fortezza difficile da espugnare e le alte mura e le forti torri respinsero con orgoglio i rovinosi attacchi.

Si ignora la durata precisa dell’assedio, tuttavia, nonostante la fiera opposizione, il Castello nell’anno 1162 capitolò e le due Nobildonne , catturate, vennero tradotte in Sicilia e rinchiuse nelle carceri di Palermo, dove finirono i loro giorni morendo di fame.

Ps: Fenizia alla sua morte doveva avere tra i 42 ed 45 anni; Marotta sui 20 anni.

Fenizia e Marotta : Una Storia di Orgoglio e Tenacia, Amore e Sacrifico
bottom of page